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Data Aggiornamento: Agosto 2021

Non è più la madre il miglior genitore collocatario: la parola al Tribunale di Milano

Di assoluta rilevanza e profonda novità è la recentissima pronuncia del Tribunale di Milano, sez. IX civile, del 19 ottobre 2016 secondo cui nell’ipotesi in cui si verifichi un conflitto genitoriale, in tema di collocamento dei figli minori, prevale il superiore interesse di questi ultimi, sulla maternal preference, intendendo la madre come il miglior genitore collocatario.

Il Collegio, nella propri decisione ha orientato la miglior collocazione di una minore al perseguimento del suo best interest, che ormai giurisprudenza e dottrina riconoscono come un vero e proprio diritto del minore ad essere tutelato come soggetto in formazione, nella ricerca della sua miglior protezione psichica e fisica. La nozione di superiore interesse del minore trova la propria fonte innanzitutto all’art. 3 della Convenzione dei Diritti del fanciullo ove viene esplicitato che “In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente”. le Sezioni Unite hanno, invero, sottolineato che la preminenza dell’interesse del minore, sancita anche dagli artt. 3 e 20 della Convenzione di New York (ratificata con legge n. 176/1991) , non solo rappresenta “il criterio guida cui deve uniformarsi ogni percorso decisionale relativo ai minori”, ma determina anche “sul piano logico e su quello giuridico, la sovraordinazione di tale interesse rispetto a tutti quelli astrattamente confliggenti con esso, ivi compresi quelli fondati sui desideri degli adottanti, recessivi rispetto al primo”

Nel provvedimento in esame, infatti, viene fatto riferimento all’inadeguatezza materna come genitore collocatario, laddove la stessa destava serie perplessità in particolare nel comportamento che teneva nei confronti degli operatori, mostrando, in particolare, difficoltà a collaborare con gli operatori e a favorire la frequentazione tra la minore ed il padre. Quest’ultimo, diversamente, viene tratteggiato positivamente, autore di un consapevole esercizio della propria responsabilità genitoriale, collaborativo anche nel caldeggiare un rapporto significativo madre-figlia.

Pertanto, la pronuncia appare rilevante, laddove, partendo da un’analisi delle due figure genitoriali, accantona, in funzione dell’attuazione della piena bigenitorialità, il principio della maternal preference, in favore della scelta di un atteggiamento neutrale in merito al genitore affidatario, orientando invece l’affidamento e il collocamento, al perseguimento del superiore interesse del minore.

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