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Data Aggiornamento: Luglio 2021

Immagine digitale e consapevolezza

Il 31 Maggio 2016 si è tenuto presso la Sala Avvocati del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma il convegno dal titolo “L’Immagine dell’Avvocato in Rete”.  Grazie al prezioso contributo tecnico del SEO e Web Designer Marco Micheli, ci siamo potuti rendere conto delle innumerevoli possibilità che la rete offre al professionista, anche gratuitamente, per informare la collettività circa i servizi che svolge.

L’intervento di Marco Micheli si è incentrato sulle modalità di trasformazione del contatto in rete, dalla semplice manifestazione d’interesse con classico “Like” all’effettivo incontro con il professionista.

Numerosi sono stati i casi di best practice portati all’attenzione dei colleghi intervenuti. L’esperto in comunicazione web ha generosamente messo a disposizione le slide presentate durante il convegno all’indirizzo: http://www.slideshare.net/marcomicheli7587/legal-marketing-limmagine-dellavvocato-in-rete .

L’Avv. Aurelio Salata, ha preso le mosse dall’intervento predetto per affrontare l’annosa questione della gestione dei dati, più o meno sensibili, che ogni giorno l’utente concede gratuitamente al social network che va per la maggiore: Facebook.  Questi possono essere divisi in due macro categorie: quelli concessi per via diretta e quelli concessi per via indiretta. Relativamente ai primi è sufficiente pensare al modulo d’iscrizione al social network, ovvero alle generalità, sesso, stato sentimentale, professione svolta, datore di lavoro, possibilità di essere costantemente geolocalizzati tramite smartphone ecc. ecc. Vi sono poi tutti quei dati che formiamo relativamente al nostro “stato”, alle conversazioni che scambiamo con altri contatti, ai “Like” su prodotti commerciali o gruppi d’interesse. I dati indiretti sono invece rappresentati da ciò che gli altri dicono di noi, dai famosi “TAG”, commenti, “Like”, nonché dai “gruppi” a cui siamo iscritti.

Secondo l’Art. 2 dei Principi di Facebook: “Ogni utente è proprietario delle informazioni. Ciascun utente dovrebbe avere la libertà di condividere tali informazioni con chiunque desideri e di portarle con sé in qualsiasi luogo, nonché la libertà di rimuoverle dal servizio Facebook. Gli utenti dovrebbero avere la libertà di decidere con chi condividere le informazioni ed impostare i controlli di privacy per proteggere tali decisioni. Questi controlli, tuttavia, non sono in grado di limitare le modalità di utilizzo delle informazioni da parte degli utenti che le ricevono, in particolare al di fuori del servizio Facebook.”

Tale  principio non può essere letto senza considerare quanto poi Facebbok esprime all’art. 2 delle sua DDR (Dichiarazione dei Diritti e Responsabilità):

“L’utente è proprietario di tutti i contenuti e le informazioni pubblicate su Facebook e può controllare il modo in cui vengono condivisi mediante le impostazioni sulla privacy e le impostazioni delle applicazioni. Inoltre:

  1. L’utente ci (a Facebook) concede … licenza non esclusiva, trasferibile, che può essere concessa come sottolicenza, libera da royalty e valida in tutto il mondo, che consente l’utilizzo dei contenuti PI (Es. Foto e video) pubblicati su Facebook o in connessione con Facebook. La licenza PI termina nel momento in cui l’utente elimina il suo account o i contenuti PI presenti nel suo account, a meno che tali contenuti non siano stati condivisi con terzi e che questi non li abbiano eliminati.
  2. …è possibile che i contenuti rimossi vengano conservati come copie di backup…
  1. Quando l’utente pubblica contenuti o informazioni usando l’impostazione «Pubblica», concede a tutti, anche alle persone che non sono iscritte a Facebook, di accedere ed utilizzare tali informazioni e di associarle al suo profilo.”
  2. I «commenti» possono essere utilizzati da Facebook senza riconoscere alcun compenso a chi li redige.  

Appare dunque chiaro che, sebbene i diritti sulle informazioni condivise rimangano nella proprietà dell’utente, questi avrà difficilmente facoltà di avvalersi del diritto di cancellare i propri dati oppure di vedere tutelato fino infondo il proprio diritto all’oblio, oggi tanto discusso a livello UE.

Questo contributo non vuole rappresentare un mezzo di contestazione a quanto di grandioso Facebook sta facendo per la comunità mondiale. Si cerca solamente di innescare nel lettore un processo di consapevolezza nell’uso dei social e dei propri dati sensibili.

L’utente medio non dà valore alle informazioni che condivide, quando invece esistono multinazionali disposte a spendere milioni di euro per conoscerle ed utilizzarle al fine condizionare chi le fornisce.

E’ pertanto il caso di rendeci conto che oggi tutti abbiamo un’immagine digitale, che non vale meno dell’immagine reale.

Se sei interessato al tema dei social network e delle nuove app, suggeriamo la lettura dei seguenti contributi:

Cosa può fare Whatsapp con le nostre informazioni?

Studio Legale Salata

 

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