La Corte di Cassazione ha stabilito che le sanzioni fiscali si estinguono con la morte del contribuente e non passano agli eredi, escludendo anche spese legali a loro carico e confermando il principio di personalità della responsabilità tributaria.
L’Ordinanza n. 22476/2025 ha affrontato un tema che interessa migliaia di famiglie, ovvero cosa accade alle sanzioni fiscali alla morte del contribuente.
La Suprema Corte chiarisce che le sanzioni tributarie hanno natura strettamente personale e, con il decesso del soggetto che ha commesso la violazione, si estinguono automaticamente senza che alcun obbligo si trasmetta agli eredi.
Questa pronuncia, oltre a chiarire definitivamente un profilo giuridico controverso, segna un importante punto fermo nei rapporti tra Fisco e cittadini, perché ribadisce che le conseguenze delle irregolarità fiscali non possono essere trasmesse a chi non ne è stato l’autore.
La vicenda all’origine dell’ordinanza riguardava un contribuente, coinvolto in un contenzioso per omessa dichiarazione di investimenti all’estero. L’Agenzia delle Entrate, in base a documenti acquisiti in sede di accertamento, aveva quantificato le sanzioni in un ammontare di oltre 460 mila euro, suddivise tra più annualità.
Tuttavia, nel corso del procedimento, il contribuente è deceduto (giugno 2024). La questione è, così, giunta davanti alla Cassazione, chiamata a stabilire se la controversia potesse proseguire nei confronti degli eredi o se, al contrario, il procedimento dovesse estinguersi (e con esso anche le sanzioni).
Richiamando l’art. 8 delle disp. sanz. amm. violaz. norme trib., la Corte ha statuito che “[…] nel prevedere l’intrasmissibilità agli eredi dell’obbligazione di pagamento della sanzione, detta un principio di ordine generale in quanto corollario del principio della responsabilità personale […]”.
Viene, pertanto, definitivamente ribadito un principio fondamentale: la responsabilità per le sanzioni tributarie è personale e non si trasmette agli eredi.
Si tratta di un corollario del principio di personalità delle sanzioni, espresso dallo stesso decreto all’art. 2 delle disp. sanz. amm. violaz. norme trib., il quale, sancendo al comma 2 che “la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione”, conferma come il debito erariale derivante da violazioni fiscali si estingua con la morte dell’autore.
Concretamente ciò significa che, una volta verificatosi il decesso del contribuente autore della violazione, il contenzioso deve terminare, dal momento che “cessa la materia del contendere”.
Un ulteriore chiarimento della Cassazione riguarda le spese processuali. I Giudici di legittimità hanno statuito che “[…] il sopravvenire della morte della persona destinataria della contestazione, impedisce di procedere nel vaglio dei motivi di doglianza, i quali, pertanto, restano inesplorati, di talché non vi è luogo a regolare le spese e, pertanto, non può trovare applicazione il principio della soccombenza virtuale […]”.
In altre parole, poiché la morte del contribuente impedisce di esaminare i motivi del ricorso, non vi è luogo a provvedere sulla regolamentazione delle spese di lite. Quindi non si applica il principio della “soccombenza virtuale”, che avrebbe comportato l’addebito degli oneri legali a chi, ipoteticamente, fosse risultato perdente.
Con questa decisione, la Cassazione mette un punto fermo in materia di successioni e fisco, in quanto, gli eredi non possono essere chiamati a rispondere di multe e sanzioni che riguardavano esclusivamente il defunto. Si tratta di un chiarimento che tutela i familiari da richieste indebite e, allo stesso tempo, riafferma la centralità del principio di personalità della responsabilità fiscale.
In sintesi, le sanzioni tributarie non possono costituire un’eredità, con la morte del contribuente, ogni procedimento sanzionatorio si estingue, senza alcun onere per chi gli succede.
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