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Data Aggiornamento: Aprile 2023

Mobbing e Straining: la responsabilità del datore di lavoro

La Corte d’appello di Catanzaro riconosceva il demansionamento lamentato e condannava il datore di lavoro alla reintegra del lavoratore nelle mansioni corrispondenti all’inquadramento posseduto e al risarcimento del danno non patrimoniale. Tuttavia non veniva riconosciuto il danno da “mobbing” in quanto la Corte d’appello evidenziava che «in sede di ricorso di primo grado il lavoratore non aveva allegato quale fosse il suo bagaglio di conoscenze professionali (indicandone puntualmente il contenuto) che era andato irrimediabilmente perduto a causa del progressivo svuotamento delle mansioni, né aveva allegato quali erano stati i corsi di aggiornamento ai quali aveva richiesto di partecipare e che gli avrebbero consentito – in considerazione dell’oggetto – di accrescere il suo bagaglio professionale».

Con ricorso per Cassazione il lavoratore eccepiva la «violazione e falsa applicazione dell’art. 2087 cod. civ. e 2043 cod. civ. in relazione all’art. 2059 cod. civ. relativamente all’esclusione della figura del mobbing», sostenendo che il suo trasferimento aveva determinato non solo un insopportabile demansionamento ma anche una totale privazione delle mansioni. Secondo il ricorrente «la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere la sussistenza di un comportamento datoriale violativo dell’obbligo di tutela di cui all’art. 2087 cod. civ. realizzatosi attraverso una condotta sistematica e protratta nel tempo che aveva finito per assumere le forme di una prevaricazione o persecuzione psicologica con conseguenti mortificazione morale ed emarginazione tipiche del mobbing».

La Suprema Corte accoglieva il ricorso ricordando che «è configurabile il mobbing lavorativo ove ricorra l’elemento obiettivo, integrato da una pluralità continuata di comportamenti pregiudizievoli per la persona interni al rapporto di lavoro e quello soggettivo dell’intendimento persecutorio nei confronti della vittima e ciò a prescindere dalla illegittimità` intrinseca di ciascun comportamento; (…) e` invece configurabile lo straining, quando vi siano comportamenti stressogeni scientemente attuati nei confronti di un dipendente, anche se manchi la pluralità delle azioni vessatorie».

I giudici di legittimità hanno poi specificato che, al di là di denominazioni, «è illegittimo che il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori, lungo la falsariga della responsabilità colposa del datore di lavoro che indebitamente tolleri l’esistenza di una condizione di lavoro lesiva della salute, cioé nociva, ancora secondo il paradigma di cui all’art. 2087 cod. civ.».

Sussiste dunque una responsabilità datoriale a fronte di un mero inadempimento, imputabile anche solo per colpa, che si ponga in nesso causale con un danno alla salute del dipendente; non è invece configurabile ove i pregiudizi derivino dalla qualità intrinsecamente ed inevitabilmente pericolosa o usurante della ordinaria prestazione lavorativa o tutto si riduca a meri disagi o lesioni di interessi privi di qualsiasi consistenza e gravità, come tali non risarcibili.

Nella specie, la Corte territoriale ha accertato un grave e protratto demansionamento causativo di danno alla salute e, dunque, un inadempimento datoriale ad obblighi di appropriatezza nella gestione del personale, già rilevante ai sensi dell’art. 2087 cod. civ.; muovendo da ciò, i giudici di legittimità hanno rilevato che anche gli altri episodi denunciati quali: la prolungata e ingiustificata emarginazione e pressoché totale, l’inoperosità, la veloce obsolescenza delle competenze e conoscenze procedurali, normative, di mercato e di finanza, in anni caratterizzati da interventi legislativi riformatori, i dinieghi opposti alle richieste di partecipazione corsi di formazione, lungi dal poter essere negletti e sviliti ad episodi non denotanti, in sè, un intento persecutorio, avrebbero dovuto necessariamente essere apprezzati nel quadro generale della vicenda lavorativa, al fine di valutare la complessiva legittimità o meno dei comportamenti datoriali anche rispetto all’obbligo di evitare lo svolgimento della prestazione con modalità ed in un contesto indebitamente “stressogeno”.

Mobbing e Strianing non fattispecie molto difficili da inquadrare e dimostrare giuridicamente. Per la difesa, sia attiva che passiva, di tali fattispecie è necessario affidarsi ad esperti del settore.

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