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Data Aggiornamento: Agosto 2021

Ogni genitore deve mantenere una buona immagine dell’altro agli occhi del figlio

Il Tribunale civile di Roma, con una storica sentenza, 18799/2016,  ha precisato che è onere di ogni genitore attivarsi per recuperare e mantenere l’immagine dell’altro genitore nei confronti del figlio. Qualora ciò non venisse realizzato, è possibile che il genitore venga condannato a risarcire il danno all’altro genitore ai sensi dell’art. 709-ter del Codice di procedura civile.

Nello specifico, il Tribunale accertava che la madre, genitore c.d. collocatario, non aveva cercato di riavvicinare il figlio al padre “risanandone il rapporto nella direzione di un sano e doveroso recupero necessario per la crescita equilibrata del minore, ma al contrario continuando a palesare la sua disapprovazione in termini screditanti nei confronti del marito”. Compito  del genitore collocatario è infatti quello di attivarsi per “consentire il giusto recupero del ruolo paterno da parte del figlio, che nella tutela della bigenitorialità cui è improntato lo stesso affido condiviso postula il necessario superamento delle mutilazioni affettive del minore”.

La portata della sentenza risiede quindi nel fatto che, per il Tribunale di Roma entrambi i genitori – in osservanza della responsabilità genitoriale di cui sono titolari- devono aver massimo rispetto dell’ex partner, in quanto questi è prima di tutto genitore del proprio figlio e quindi il rapporto con quest’ultimo deve essere tutelato e salvaguardato.

Quindi, secondo il Tribunale, la condotta genitoriale che ostacola il buon funzionamento dell’affido condiviso con “degli atteggiamenti sminuenti e denigratori della figura paterna”, deve essere sanzionata mediante il ricorso al disposto contenuto all’articolo 709-ter Cpc, ovvero ammonendo il genitore collocatario, nel caso specifico la madre e stabilendo a suo carico un risarcimento danni di 30.000,00 euro. In tal modo si è creato una sorta di precedente che si auspica abbia una precisa funzione dissuasiva al fine di evitare il protrarsi delle determinate condotte.

Avv. Chiara Ingenito

Di seguito la sentenza integrale. 

Sentenza 11 ottobre 2016, n. 18799

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI ROMA

SEZIONE PRIMA CIVILE

in composizione collegiale così costituito:

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. (…) del R.G. degli Affari Civili Contenziosi dell’anno (…), vertente

TRA

Gi.Ca. elett.te dom.ta in Roma, via (…) presso lo studio dell’avvocato Co. che la rappresenta e difende per delega in atti congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato La.Ma.

PARTE RICORRENTE

E

Si.Ca. elett.te dom.to in Roma, Circonvallazione (…), presso lo studio dell’avv.to Em.Ca., che la rappresenta e difende come da procura in atti congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato Gi.Va.

PARTE RESISTENTE

e con l’intervento del P.M. presso il Tribunale

OGGETTO: cessazione effetti civili del matrimonio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via pregiudiziale deve essere rigettata la richiesta di remissione della causa sul ruolo svolta successivamente al deposito della comparsa conclusionale dal resistente atteso che la pronuncia resa dalla Corte d’Appello sulla modifica delle condizioni della separazione afferisce ad un giudizio diverso dalla domanda di divorzio oggetto della causa in esame e che ìe richieste istruttorie ivi contenute, quand’anche afferenti a fatti sopravvenuti non possono trovare ingresso dopo l’udienza tenutasi ai sensi dell’art. 189 c.p.c. per la precisazione delle conclusioni.

Nel merito va rilevato che essendo già stata pronunciata in data (…) sentenza parziale relativa allo scioglimento del matrimonio contratto dai coniugi, il thema disputandum resta circoscritto alla determinazione delle condizioni regolatrici del nuovo status, stanti le contrapposte domande accessorie svolte dalle parti.

2. Quanto al figlio minore Ta., nato in data (…), avendo nel corso del giudizio anche il secondogenito Br. raggiunto la maggiore età, si ritiene di dover confermare il regime di affido condiviso che già le parti avevano concordemente prescelto al momento della separazione consensuale.

L’elevata conflittualità della coppia genitoriale certamente acuitasi dopo la separazione non giustifica, trattandosi di una condizione spesso fisiologica dei coniugi in costanza di un procedimento di modifica del loro status coniugale, un affido esclusivo che appare contrario all’interesse di Ta. Invero, a dispetto delle allegazioni della signora Ca., svolte solo in sede di ricorso introduttivo, nessuna argomentazione essendo stata da costei spesa in comparsa conclusionale in cui la difesa si è concentrata esclusivamente sulle richieste economiche, non è emersa nel corso dell’espletata istruttoria alcuna inidoneità parentale dell’ex coniuge nei confronti dei figli, avendo al contrario i primi due, Br. ed Al., manifestato nel corso dell’audizione effettuata dal G.I. un radicato attaccamento al padre ed una profonda complicità, caratterizzata da dialogo, condivisione di interessi e del tempo trascorso nei giorni di permanenza presso di lui, seppur più centrata sugli aspetti relativi alla pratica sportiva che non scolastica, i quali confermano la diagnosi del CTU a suo tempo incaricato della valutazione psicologica del nucleo familiare nel precedente giudizio di modifica delle condizioni di separazione che ha ritenuto entrambe le parti genitori idonei, muniti di buone capacità cognitive e tanto legate ai figli da averli posti al centro del rispettivo universo affettivo (cfr. l’elaborato della Dott.ssa Tr., prodotto da parte resistente), senza che le scaramucce di natura ritorsiva, continuativa e certamente reciproca poste in essere dai due coniugi nella gestione della prole (sintomatica essendo la frase pronunciata dalla figlia Al. nel corso della sua audizione “Mi rifiuto di parlare perché come è successo fino ad adesso qualunque cosa io dica verrà usata contro di me”) meritino l’attenzione di questo Collegio.

Il rifiuto invece opposto da Ta. alla frequentazione del padre, nei confronti del quale è emerso, essendo stato anch’egli ascoltato dal G.I. un rancore profondo, sembra muovere da lontano affondando le sue radici non già in una condotta volutamente ostile del genitore, bensì nella diversa condizione fisica e di conseguenza psicologica che caratterizza entrambi. E’ proprio la condizione di ex atleta (…) del genitore unitamente alla serrata alleanza che lo lega agli altri due fratelli, la cui grande passione comune è (…) – certamente al centro del progetto educativo perseguito da quest’ultimo, sia pur senza il coinvolgimento della moglie che sembra avergli da tempo di fatto delegato la gestione organizzativa di Br. ed Al. tra scuola e sport (probabilmente a scapito della prima visto che interrompono o saltano le lezioni scolastiche per partecipare alle competizioni di (…) cui anche la madre, quantunque non preventivamente consultata, assiste) – ad aver marcato nella mente di Ta. la sua “diversità” dovuta all’anomalia genetica da cui è affetto sin dalla nascita consistente nel ridotto sviluppo (…), i cui segni clinici sono (…) (spalle strette e cadenti), la bassa statura, il ginocchio valgo, i piedi piatti, la scoliosi, e nel suo caso anche un forte riduzione (…), tutte manifestazioni che pur non destando allarme a livello clinico, inequivocabilmente pesano sul processo di accettazione del sé e sulla formazione della personalità che caratterizza l’età adolescenziale nella quale il ragazzo era al momento della sua audizione in procinto di entrare, Ta. evidentemente poco aiutato dai genitori nel difficile percorso di interiorizzazione/come già rimarcato dal G.I. che ne ha disposto in via di ausilio un percorso psicoterapeutico presso un professionista di fiducia dei genitori e che lo stesso minore ha invece improvvisamente interrotto a causa di un’indebita ingerenza materna (…) ha trovato nel padre il “capro espiatorio” della sua disabilità e del suo meno brillante excursus sportivo e sociale. A fronte dell’incitazione e del compiacimento da costui palesato per i brillanti risultati agonistici di Br. ed Al., risultati che sembrano costituire l’epicentro delle sue proiezioni al pari tuttavia dell’attenzione mostrata per il minore che proprio nella consapevolezza della sua diversità ha inizialmente cercato di dirottare verso il (…), probabilmente però forzandone le inclinazioni, è Ta. stesso ad essersi autoescluso riversando sulla condotta del padre la causa dei suoi insuccessi che si ingigantiscono ai suoi stessi occhi essendo i fratelli il termine di paragone immediato e diretto. Se il disaccordo tra i due genitori ha costituito fertile terreno in un processo che lo ha condotto ad allearsi con la madre, pur certamente ostile al marito, non si ritiene tuttavia che sia stata costei causa scatenante di un processo di alienazione nei confronti della figura paterna, avendo da sempre la signora Ca. lasciato che i ragazzi frequentassero liberamente l’ex coniuge addirittura e delegato al medesimo, come già sopra osservato, il progetto educativo dei minori.

Quel che colpisce dell’audizione del minore è l’atteggiamento di sostanziale ambivalenza del medesimo che da una parte ha parole fortemente denigratorie nei confronti del padre, ma dall’altro ne sottolinea il ruolo di superiorità sia nell’ambito del nucleo familiare che nel campo sportivo (“Papà è un campione di (…)”, “ci siamo trasferiti dall'(…) perché papà doveva fare delle gare per due anni”) che evidenziano la sua ammirazione unitamente ad un implicito desiderio di emulazione che tuttavia vede il figlio già alla radice perdente. Emblematiche sono le frasi “lui mi vuole bene in molto strano, è possibile che non mi voglia bene” “lui pensa che sia io sbagliato” evidenzianti un processo di proiezione del suo sentirsi diverso: il rifiuto del padre altro non è che l’espressione inconsapevole della sua paura di essere rifiutato. Che poi il timore di Ta. affondi in episodi del passato realmente accaduti quali quelli riferiti nella sua audizione, in cui il padre lo avrebbe forzato alla pratica sportiva e gli avrebbe espresso la sua disapprovazione anche con modalità brusche e poco gratificanti, o invece siano l’elaborazione di una proiezione di fantasia conseguente ad un processo di auto – convincimento, è circostanza che non rileva se non nella misura in cui l’anomalia comportamentale investe direttamente il rapporto padre – figlio, senza che su ciò possa aver avuto incidenza determinante la condotta materna.

Ciò nondimeno la signora Ca. non può ritenersi esente da responsabilità non avendo posto alcun in essere alcun comportamento propositivo per tentare di riavvicinare Ta. al padre risanandone il rapporto nella direzione di un sano e doveroso recupero necessario per la crescita equilibrata del minore già gravemente sofferente a causa della patologia da cui è affetto sin dalla nascita, ma al contrario continuando a palesare la sua disapprovazione in termini screditanti nei confronti del marito. Sarebbe stato per conto precipuo onere di costei, quand’anche non direttamente responsabile delle origini del processo di triangolazione, attivarsi al fine di consentire il giusto recupero del ruolo paterno da parte del figlio che nella tutela della bigenitorialità cui è improntato lo stesso affido condiviso postula il necessario superamento delle mutilazioni affettive del minore da parte del genitore per costui maggiormente referenziale nei confronti dell’altro, non soltanto spingendolo verso il padre anziché avallando i pretesti per venir meno agli incontri programmati, ma altresì recuperando la positività della concorrente figura genitoriale nel rispetto delle decisioni da costui assunte e comunque delle sue caratteristiche temperamentali.

Sulla scorta di tali rilievi e viepiù nella considerazione del già avvenuto trasferimento di Al. e Br. all’estero essendo la prima prossima a frequentare un’università inglese a (…) ed il secondo già interno in un college (…) dove frequenta un corso liceale internazionale (verosimilmente (…)) e del fatto che anche Ta. è prossimo a raggiungere il fratello nello stesso istituto liceale, non si ravvisano ragioni per mutare il regime di affido condiviso già in corso, né la sua residenza prevalente presso la madre nel periodo della sua permanenza a Roma. Non avrebbe invero ragion d’essere la diversa collocazione richiesta dal resistente che fino a quando non verrà ristabilito il suo rapporto con il figlio avrebbe solo ricadute nefaste finendo per ostacolare definitivamente un possibile processo di apertura e di interiorizzazione da parte di quest’ultimo. Al contrario occorre che venga riattivato un percorso psicoterapeutico cui sottoporre il minore presso o lo stesso specialista scelto a suo tempo dai genitori o altro professionista da concordare con il marito, che coadiuvi Ta. nel suo particolarmente problematico percorso di crescita rispetto al quale il conflitto genitoriale sembra rivestire un rilievo del tutto marginale. Deve pertanto ordinarsi alla madre, in quanto genitore collocatario, di condurre il ragazzo dal terapeuta prescelto che dovrà assisterlo al fine di consentire a quest’ultimo di riprendere i suoi rapporti con il padre. Il signor Ch. sarà d’altra parte libero di frequentare il figlio in occasione dei suoi rientri a Roma, così come di andarlo a trovare in (…), senza che possa, nulla essendo stato dedotto in relazione ai tempi di frequentazione della scuola all’estero da parte del minore, regolamentarsi il tempo di permanenza presso il genitore non collocatario, anche alla luce del fatto che occorre imprescindibilmente provvedere alla previa riattivazione dei rapporti tra il padre ed il figlio, cui si auspica possa assolvere il già disposto percorso terapeutico.

3. Deve per contro trovare applicazione nei confronti della ricorrente, attesa la sua condotta volta ad ostacolare il funzionamento dell’affido condiviso con gli atteggiamenti sminuenti e denigratori della figura paterna, tali da avere indirettamente indotto Ta. a disattendere il calendario degli incontri con il padre, il meccanismo sanzionatorio previsto dall’art. 709 – ter c.p.c., la cui applicabilità d’ufficio è stata già univocamente ritenuta da questo Tribunale (cfr. per tutte la pronuncia resa in data 8.3.2013 nel procedimento n. r.g. 81370/2008), in ragione della funzione punitiva o comunque improntata, sotto forma di dissuasione indiretta, alla cessazione del protrarsi dell’inadempimento degli obblighi familiari che, attesa la loro natura personale, non sono di per sé coercibili né suscettibili di esecuzione diretta.

Ciò chiarito si reputa che la sanzione più consona alla fattispecie, tenuto conto che la condotta materna ha avuto ricadute dirette sulla figura dell’altro genitore, svilito nel suo ruolo di educatore e di figura referenziale, siano sia quella dell’ammonizione, invitandosi la ricorrente ad una condotta improntata al rispetto del ruolo genitoriale dell’ex coniuge ed ad astenersi da ogni condotta negativa e denigratoria del medesimo, sia quella del risarcimento del danno nei confronti del resistente che si liquida in via equitatativa, valutata in relazione alle sue capacità economiche ed al protrarsi dell’inadempimento, nella somma di Euro 30.000,00, al fine di dissuaderla in forma concreta dalla protrazione delle condotte poste in essere, la cui persistenza, potrà peraltro in futuro dare adito a sanzioni ancor più gravi ivi compresa la revisione delle condizioni dell’affido.

4. La questione costituente il punto nodale delle contrapposte richieste delle parti in termini economici, si incentra sul fatto che successivamente alla cessazione della convivenza coniugale seguita dalla separazione consensuale omologata risalente al (…), il marito, all’epoca facoltoso imprenditore, obbligatosi in quella sede a corrispondere alla consorte la somma di (…) per il mantenimento dei tre figli, è stato nel (…) destinatario di provvedimenti restrittivi attinenti alla sua attività di impresa ed alla sua stessa libertà personale (…) e divieto di assunzione di cariche sociali, con conseguente definitiva cessazione dell’attività imprenditoriale fonte della sua produzione di reddito, mentre la moglie, che nel corso della vita matrimoniale aveva sempre ricoperto il ruolo di “casalinga”, ha invece ereditato nel (…) alla morte del (…) un ingentissimo patrimonio costituito da numerosi immobili, titoli e liquidità già stimato nel corso del procedimento di modifica delle condizioni della separazione in oltre (…) milioni di Euro. Quadro questo che ha modificato l’assetto delle condizione della separazione atteso che, pur non essendo stato previsto alcun assegno di mantenimento per nessuno dei due coniugi nella separazione consensuale omologata nel (…) sull’implicito presupposto che entrambi fossero in grado di mantenersi autonomamente, è stato invece disposto con il decreto di modifica pronunciato da questo Tribunale in data (…) che la moglie corrispondesse al marito un assegno di mantenimento di Euro (…) mensili a decorrere dalla domanda e al contempo dichiarato cessato l’obbligo di contribuzione al mantenimento dei figli a carico del marito, pari ad Euro (…) mensili, nei confronti della moglie disponendosi che fosse esclusivamente quest’ultima a doversi accollare il relativo carico economico, ad eccezione delle spese straordinarie cui il signor Ch. avrebbe dovuto provvedere nella misura del 25%.

Postulando il diritto all’assegno divorzile l’impossibilità da parte dell’istante di procurarsi autonomamente i mezzi adeguati al suo sostentamento, dove il termine adeguati va riferito al tenore di vita goduto in costanza della convivenza coniugale “e che sarebbe verosimilmente proseguito nel caso in cui il matrimonio fosse proseguito o che poteva ragionevolmente configurarsi in base ad aspettative maturate nel corso del rapporto” (cfr.Cass. 15610/2007, Cass. 23508/2010 e Cass. 19529/2014), si tratta di valutare se la successione ereditaria della signora Ca., che la pone comunque in una condizione di superiorità economica rispetto a quella del marito, a prescindere dalla puntuale disamina delle condizioni di quest’ultimo, possa obbligarla al versamento dell’assegno divorzile richiestole.

Il riferimento alle aspettative del coniuge istante l’assegno, costituente il postulato da cui muove l’interpretazione giurisprudenziale circa le evoluzioni future del tenore di vita, deve essere ancorato come emerge dalla disamina delle sentenze citate, alla condizione del coniuge asseritamente obbligato all’epoca della convivenza coniugale e dunque riferito alle sole prospettive di miglioramento di miglioramento legate o alla tipologia dell’attività lavorativa svolta o alla progressione in carriera derivante dalla qualificazione professionale acquisita: precisa invero la Corte che gli incrementi patrimoniali o reddituali conseguenti alle aspettative riposte dal coniuge richiedente l’assegno sono solo quelli che si configurano come un ragionevole sviluppo di situazioni lavorative preesistenti, in relazione ai quali è doveroso tenere in debita considerazione il contributo fornito dall’altro coniuge al complessivo menage familiare con il proprio lavoro professionale o casalingo, e come tale idoneo a costituire la catena causa – effetto su cui fondare la prognosi di prevedibilità. Ne consegue pertanto, oltre al rilievo che la signora Ca. non ha mai svolto né prima né in costanza della convivenza coniugale alcuna attività lavorativa, che le devoluzioni ereditarie acquisite dal coniuge asseritamente obbligato, se idonee a determinare, ove già facenti parte del patrimonio di costui perché acquisite nel corso della convivenza coniugale, la quantificazione dell’assegno di separazione, volto ad assicurare al beneficiario a differenza di quello divorzile il mantenimento del pregresso tenore di vita indipendentemente dalle sue capacità autonome, non possono per contro essere valutate ove si siano verificate, come nel caso di specie, dopo la cessazione della convivenza, sia perché trattasi di eventi imprevedibili e comunque privi di collegamento a pregresse situazioni soggettive, sia perché ininfluenti rispetto al tenore di vita goduto dalla famiglia nel corso della coabitazione matrimoniale di fatto in tal caso esclusivamente assicurato dal marito. E ciò a differenza di quanto avviene per le successioni ereditarie da parte del coniuge beneficiario, la cui rilevanza incide direttamente sulla condizione di bisogno cui è collegata la prestazione assistenziale determinando il venir meno o comunque la riduzione dell’inadeguatezza delle risorse economiche del medesimo.

A ciò si aggiunge il rilievo, del pari assorbente, che non avendo la signora Ca. mai svolto attività lavorativa né prima né durante la convivenza matrimoniale nessuna aspettativa nel significato del termine appena chiarito può essere legittimamente vantata dal resistente.

E’ pur vero, stando all’accertamento effettuato dal giudice della modifica delle condizioni della separazione e mai smentito neppure nel corso del presente giudizio dall’interessata, che la signora Ca. già godeva – sebbene avesse dichiarato a verbale nel procedimento di separazione consensuale di essere priva di redditi – di entrate provenienti in modo sistematico dalla famiglia di origine nel corso della convivenza coniugale tanto da aver escluso negli accordi della separazione il riconoscimento di alcun assegno di mantenimento in suo favore, ma ciò nonostante deve presumersi che il di lei contributo al menage familiare fosse comunque di entità ben più modesta di quello del marito, che all’epoca si dichiarava percettore di un reddito di circa (…) Euro mensili netti, posto che era comunque la moglie a beneficiare del contributo di ben (…) Euro mensili per il mantenimento dei figli posto a carico del coniuge.

Conseguentemente nessuna valenza può attribuirsi agli incrementi patrimoniali e reddituali acquisiti dalla ricorrente atteso che costituendo miglioramenti scaturiti da un evento autonomo, peraltro di natura straordinaria ed una tantum (non diversamente da una vincita alla lotteria), mai potrebbero costituire l’evoluzione di aspettative dell’altro coniuge allorquando il vincolo matrimoniale venga con la pronuncia di divorzio, definitivamente sciolto. Senza contare che l’assunto stato di indigenza del signor Ch., tale da non consentire il pregresso tenore di vita cui lo stesso aveva in via prevalente provveduto in costanza della convivenza coniugale è conseguenza non già di un accidentale dissesto finanziario, bensì della sua stessa condotta illecita essendo stato egli condannato (…), condanna le cui conseguenze non possono ricadere, una volta cessato il vincolo matrimoniale, sull’ex coniuge.

Deve peraltro escludersi, ove si ritenga che l’assegno divorzile debba comunque assolvere alla finalità meramente assistenziale di un assegno alimentare, che il signor Ch. versi nell’asserita condizione di bisogno. Invero dalle conclusioni della relazione peritale redatta dal CTU risultano una serie di elementi che sconfessano la suddetta condizione. La puntuale analisi della situazione reddituale, patrimoniale e finanziaria effettuata dal dott. Mo., alla cui dettagliata esposizione si rimanda per relationem, lascia fondatamente presumere innanzi tutto che il resistente, a dispetto di quanto dal medesimo dichiarato, disponga di fonti di reddito ulteriori rispetto all’attività imprenditoriale esercitata fino al (…), anno a decorrere dal quale è stato destinatario delle misure restrittive inflittegli nel procedimento penale sopra menzionato: la circostanza che anche prima di allora non abbia mai ricevuto alcun compenso per le numerose cariche sociali ricoperte né per eventuali prestazioni svolte all’interno delle compagini sociali, nulla risultando dalle dichiarazioni dei redditi degli anni (…) e ciò nonostante figurino sui c/c a lui intestati entrate, sottoforma sia di versamenti che di bonifici, per ben Euro (…) nel (…) e circa Euro (…) nel (…) dimostra inequivocabilmente che diverse fossero già allora le sue fonti di reddito, il che consente di escludere che anche le entrate che continuano a registrarsi per gli anni successivi (cfr. tabella pag. 155 della CTU: Euro (…) nel (…), Euro (…) nel (…) ed Euro (…) nel (…), queste ultimi due decisamente meno significativi essendo il presente procedimento già in corso) derivassero dall’attività imprenditoriale. Se poi l’analisi viene estesa, come correttamente fa il perito, alle uscite, tutte superiori alle stesse entrate ed evidenziaci in buona parte spese di natura voluttuaria (aerei, alberghi, ristoranti, equipaggiamenti (…): cfr. 1 tabella pag. 157), deve del pari escludersi l’asserita provenienza degli introiti, ribadita dal resistente ancora in sede di memorie di replica ex art. 190 c.p.c., ad elargizioni liberali di parenti ed amici atteso che ove costui avesse versato effettivamente in condizioni di indigenza certamente non avrebbe effettuato le spese riscontrate dall’esame dei c/c né nell’entità né per le finalità accertate. A ciò si aggiunge in ordine all’accertata superiorità delle uscite rispetto alle entrate di carattere finanziario il rilievo che si possa presumere, del pari fondatamente, così come suggerisce la sussistenza di deleghe ad operare su c/c intestati alle società dal medesimo amministrate evidenziami movimenti da lui personalmente effettuati (cfr. CTU pagg. 69,70), che egli disponga di entrate ancora ulteriori rispetto a quelle riscontrate dai c/c a lui intestati, non avendo altrimenti giustificazione plausibile un depauperamento superiore alle proprie entrate di liquidità, necessariamente privo di accantonamenti da utilizzarsi per le eventuali necessità di sopravvivenza future. A conforto di tale presunzione militano del resto le opacità riscontrate dal CTU in ordine alla cessione della (…), alla riconducibilità della proprietà di (…) alle società Si. S.r.l. e Ta. S.r.l., entrambe anch’esse riconducibili al signor Ch. che ne era o unico socio o detentore dell’80% del capitale, come ulteriormente conferma il pagamento da parte di costui di almeno (…) Euro per il loro mantenimento alla Ri. nell’anno (…) (cfr. allegati 30 e 35 all’elaborato peritale), nonché le risultanze emerse nel corso del libero interrogatorio effettuato dal G.I. costituite dalle dichiarazioni rese dallo stesso Ch. secondo cui egli ha abitato fino al (…) in una villa ubicata nel lussuoso complesso residenziale dell'(…) che il fratello, (…) che trae le sue fonti di reddito dalla sola attività di ripetizioni (…), pur senza risiederci, avrebbe acquisito in locazione al canone di Euro (…) mensili e successivamente in altra abitazione anch’essa all'(…), acquisita invece in locazione al canone di Euro (…) mensili (…), pensionata percettrice di emolumenti di tale natura, peraltro rimasti indimostrati, dell’entità di appena Euro (…) mensili (cfr. verbale in data (…)).

Quadro questo che complessivamente valutato consente di concludere, stanti i plurimi, puntuali e concordanti elementi sopra indicati palesemente incompatibili con l’assenza di redditi asserita dall’interessato nell’intero corso del presente giudizio, che il resistente, seppur allo stato privo delle cospicue entrate percepite fino alla separazione dalla moglie, continui a godere di una non marginale liquidità finanziaria e disponga conseguentemente di una correlativa capacità patrimoniale avente fonti diverse dall’attività imprenditoriale svolta in Italia fino al (…).

Per tutte le sovra esposte ragioni la domanda di assegno divorzile svolta dal resistente nei confronti della moglie deve essere pertanto rigettata. Resta per contro fermo fino alla pronuncia parziale sullo status coniugale, il provvedimento presidenziale.

5. Le medesime argomentazioni consentono di rigettare la richiesta di un contributo economico per il mantenimento dei tre figli, nessuno dei quali è economicamente autonomo, svolta dalla ricorrente nei confronti del marito. L’incontrovertibile superiorità delle condizioni economiche della signora Ca. unitamente all’enorme valore del suo patrimonio, sia per la parte liquida che per quella immobiliare, rispetto a quelle del signor Ch. impongono, di porre a suo esclusivo carico il mantenimento ordinario della prole.

Quanto alle spese straordinarie si ritiene che sempre ad esclusivo carico della medesima debbano essere poste le spese di natura scolastica ed universitaria che in quanto afferenti ad istituti ubicati all’estero dai costi particolarmente ingenti, caratteristica questa che vale tanto per il collegio (…) quanto per l'(…) che i figli frequentano come interni e nel cui ambito verosimilmente praticano anche l’attività sportiva, non potrebbero assunte dal resistente. Devono invece essere poste a carico di entrambe le parti, in ragione del 50% cadauna, le spese di natura medico – sanitaria (spese per interventi chirurgici, spese odontoiatriche, oculistiche e sanitarie non effettuate tramite SSN, spese mediche e di degenza per interventi presso strutture pubbliche o private convenzionate, esami diagnostici, analisi cliniche, visite specialistiche, cicli di psicoterapia e logopedia) e quelle di natura ricreativa (corsi di lingua, viaggi di istruzione, vacanze trascorse autonomamente senza i genitori, spese di acquisto e manutenzione straordinaria di mezzi di trasporto), nonché quelle sportive ove praticate fuori dagli istituti di istruzione frequentati dai ragazzi. Tutte le suddette spese straordinarie devono essere preventivamente concordate ad eccezione delle spese obbligatorie o caratterizzate da urgenza (spese sanitarie urgenti, acquisto di farmaci prescritti ad eccezione di quelli da banco, spese per interventi chirurgici indifferibili sia presso strutture pubbliche che private, spese ortodontiche, oculistiche e sanitarie effettuate tramite il SSN in difetto di accordo sulla terapia con specialista privato, spese di bollo e di assicurazione per il mezzo di trasporto acquistato con l’accordo di entrambi i genitori).

6. Con tali statuizioni il giudizio resta definito, nessun altra istanza essendo contenuta nelle conclusioni come in epigrafe trascritte ad eccezione di quelle comunque assorbite dalla pronuncia resa.

La reciproca soccombenza delle parti impone l’integrale compensazione delle spese di lite e la suddivisione al 50% cadauna delle spese di CTU, liquidate con separato provvedimento.

P.Q.M.

Il Tribunale definitivamente pronunciando sulla domanda svolta da Gi.Ca. nei confronti di Si.Ca., vista la sentenza parziale pronunciata il giorno (…), rigettata ogni altra istanza ed eccezione, così provvede:

– affida il figlio minore Ta. congiuntamente ad entrambi i coniugi, con collocazione residenziale presso la madre, con facoltà per il padre di vederlo e tenerlo con sé quando vorrà previo accordo con il genitore col locatario durante i periodi di vacanza scolastica e comunque di suo rientro a (…), oltre che di recarsi liberamente a trovarlo in (…) durante il ciclo scolastico;

– dispone la prosecuzione del percorso psicoterapeutico già prescritto per il figlio Ta.;

– ferma per il passato fino alla pronuncia della sentenza parziale l’ordinanza presidenziale, rigetta la domanda di assegno divorzile svolta dalla parte resistente nei confronti della parte ricorrente;

– dispone che il mantenimento ordinario dei figli Al., Br. e Ta. sia ad integrale carico della madre;

– pone le spese straordinarie di natura scolastica ad integrale carico della madre ed invece quelle di natura medico – sanitaria, ricreativa e sportiva a carico di entrambe le parti nella misura del 50% cadauno;

– visto l’art. 709 – ter c.p.c. ammonisce la ricorrente, rinviandosi a quanto disposto al riguardo in motivazione e condanna altresì la medesima al pagamento della somma di Euro 30.000 in favore del resistente, oltre agli interessi legali dalla presente sentenza al saldo;

– dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite;

– pone le spese di CTU, liquidate con separato provvedimento, a carico di entrambe le parti nella misura del 50% cadauna.

Così deciso in Roma il 9 settembre 2016.

Depositata in Cancelleria l’11 ottobre 2016.

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