Nell’esercizio della professione forense gli avvocati sono tenuti al rispetto di precise regole, dettate al fine di tutelare l’interesse pubblico al corretto esercizio della libera professione. I principi a cui l’avvocato deve attenersi nello svolgimento della propria attività sono contenuti all’interno del Codice Deontologico Forense che stabilisce le regole di comportamento da osservare nei rapporti con il cliente, con la controparte e con colleghi ed altri professionisti.
Un profilo di particolare interesse riguarda l’utilizzo dei mezzi di diffusione e comunicazione attraverso i quali l’avvocato fornisce specifiche informazioni circa le attività svolte ed i servizi offerti, specificamente disciplinato all’art. 35 del Codice Deontologico. Tale norma, rubricata “dovere di corretta informazione”, ha subito una modifica nella seduta del 22.01.2016 del CNF (Consiglio Nazionale Forense), pubblicata in G.U. il 03.05.2016, che ne ha di fatto esteso l’ambito di applicazione con notevoli vantaggi per i professionisti del settore.
Ed infatti, nella sua attuale formulazione, la norma in commento consente all’avvocato di informare la collettività della propria attività e delle prestazioni che intende offrire attraverso qualunque tipo di mezzo di comunicazione o diffusione. Trattasi di una notevole novità rispetto alla previgente disciplina, nella quale la libertà dell’avvocato di diffondere comunicazioni inerenti l’esercizio della professione era soggetta ad alcuni precisi limiti di forma e di contenuto.
Al libero professionista era preclusa la possibilità di farsi pubblicità online se non sul proprio sito web: l’art. 35, comma 9, prevedeva infatti che “l’avvocato può utilizzare, a fini informativi, esclusivamente siti web con domini propri senza reindirezzamento, direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipi, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto del sito stesso”. Veniva di fatto impedita la diffusione di contenuti riguardanti l’attività professionale sui social network e su contenitori digitali non strettamente collegati o creati direttamente dall’avvocato o dai suoi collaboratori e colleghi.
Non solo, i limiti alla pubblicità dell’avvocato in rete erano posti anche sul contenuto delle informazioni diffuse: ai sensi del comma 10 dell’art. 35, infatti, “l’avvocato è responsabile del contenuto e della sicurezza del proprio sito, che non può contenere riferimenti commerciali o pubblicitari sia mediante l’indicazione diretta che mediante strumenti di collegamento interni o esterni al sito”.
Ebbene, attraverso l’intervenuta riforma tali limitazioni sono scomparse, consentendo al libero professionista di potersi fare pubblicità e raggiungere nuova clientela attraverso qualunque mezzo di diffusione.
Tale attività non è tuttavia priva di limiti. Infatti, ai sensi del primo comma dell’articolo in commento, “l’avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale quale che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale”. Alla luce della nuova disciplina, pertanto, non sussistono più limitazioni in ordine ai mezzi utilizzati per la diffusione delle informazioni inerenti l’attività forense, ma assume un’importanza fondamentale che tali informazioni siano trasparenti, veritiere, corrette, non fuorvianti od ingannevoli, in nessun modo equivoche, denigratorie o suggestive.
Diretta conseguenza della diffusione di informazioni e comunicazioni pubblicitarie prive delle suddette caratteristiche è la commissione di un illecito oggetto di sanzione da parte dell’organo professionale di riferimento, ovvero ciascun Consiglio dell’ordine distrettuale, oltre a rappresentare una lesione del decoro e della dignità professionale che contraddistingue la categoria del libero professionista.
In conclusione, alla luce di quanto detto, è certamente possibile affermare che oggi la pubblicità informativa rappresenta un’attività essenzialmente libera per l’avvocato, il quale dovrà “solo” aver cura di rispettare i principi deontologici posti alla base della propria attività.
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