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Data Aggiornamento: Dicembre 2022

Sovraindebitamento ed Esdebitazione

Il sovraindebitamento è una procedura introdotta in Italia per la prima volta già nel 2012, con la legge n. 3/2012. Tutela i debitori che non possono accedere alle procedure concorsuali previste dalla Legge fallimentare (imprenditori “sotto soglia” non fallibili e consumatori). La procedura da sovraindebitamento è attualmente disciplinata dal Codice della Crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza.

Per accedere alla disciplina del sovraindebitamento il debitore deve trovarsi in una situazione di crisi o di insolvenza, descritte nell’art. 2 del Codice, che causa una difficoltà, anche temporanea, di adempiere regolarmente alle obbligazioni assunte.

L’effetto finale è la cd. Esdebitazione, ossia la cancellazione della parte residua di debito che il debitore non è in grado di pagare e che è stata oggetto di falcidia nel piano.

Il Codice della Crisi, entrato in vigore dal 15 luglio 2022, ha notevolmente ampliato le possibilità, per privati e piccole imprese, di cancellare tutti i debiti pregressi, compresi quelli verso il fisco (Agenzia delle Entrate Riscossione / Equitalia), banche e finanziarie.

Chi può ricorrere alle procedure di sovraindebitamento?

Possono accedere alle procedure di sovraindebitamento tutti coloro i quali non sono soggetti alla liquidazione giudiziale, tra cui: imprese e società “sotto soglia” o cosiddette “minori. Sono tutte quelle società che presentano:

  1. un attivo patrimoniale non superiore ad euro trecentomila;
  2. ricavi non superiori ad euro duecentomila;
  3. debiti anche non scaduti non superiori ad euro cinquecentomila;

Possono inoltre accedere alle procedure di sovraindebitamento gli imprenditori agricoli; enti non commerciali; lavoratori autonomi (liberi professionisti, collaboratori, consulenti, agenti ecc.); start up innovative; soci di società di persone per debiti privati (non aziendali); consumatori.

Quali sono le procedure di sovraindebitamento?

Il Codice della Crisi prevede 3 tipi di procedure:

  1. La Ristrutturazione dei debiti del consumatore, rivolta esclusivamente alle persone fisiche che hanno contratto debiti per finalità diverse dall’attività imprenditoriale eventualmente svolta e che non prevede il voto dei creditori. La decisione sull’omologa è rimessa al giudice, che valuta la meritevolezza del consumatore, ossia l’assenza di atti in frode e mancanza di dolo o colpa grave nella formazione dell’indebitamento;
  2. Il Concordato minore, dedicato principalmente a professionisti, i piccoli imprenditori, imprenditori agricoli e le start-up innovative, ad esclusione del consumatore. La finalità è quella di poter continuare a svolgere la propria attività imprenditoriale o professionale e ristrutturare il proprio debito.
  3. Liquidazione controllata del sovraindebitato, procedimento simile alla liquidazione giudiziale, finalizzato alla liquidazione del patrimonio del consumatore, del professionista, dell’imprenditore agricolo, dell’imprenditore minore, delle start-up innovative e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale, che si trovi in stato di crisi o di insolvenza.

Gli imprenditori possono azionare solo il concordato minore e la liquidazione controllata, fermo restando la possibilità di intraprendere il percorso della composizione negoziata introdotto dal d.l. 118/2021 e oggi anch’esso confluito nel Codice della Crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza, quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.

Il Concordato minore, è il percorso di esdebitazione preferibile per l’impresa sotto soglia in stato

di sovraindebitamento che voglia continuare l’attività.

La proposta di concordato minore ha contenuto libero, indica in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento e può prevedere il soddisfacimento anche parziale dei crediti (mediante stralcio).

La procedura prevede, in sintesi, una fase preliminare in cui si presenta ad un Organismo di Composizione della Crisi l’istanza di nomina di un gestore della crisi che ha la funzione di attestare la fattibilità del piano proposto e la successiva fase giudiziale con il deposito in Tribunale della domanda.

Il giudice, se la domanda è ammissibile, dichiara aperta la procedura con decreto e, su richiesta del debitore, dispone la sospensione delle esecuzioni in corso e divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore.

La votazione da parte dei creditori avviene entro 30 giorni a mezzo pec, con meccanismo del silenzio assenso e quorum della maggioranza (50%) dei crediti ammessi al voto.

​Il giudice omologherà il concordato anche in caso di diniego dell’adesione dall’amministrazione finanziaria o degli enti di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento della maggioranza se la proposta di soddisfacimento degli stessi è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria (c.d. Cram down).

La liquidazione controllata è, invece, una procedura residuale che trova applicazione quando l’imprenditore/ debitore è in stato di insolvenza e non può proporre un concordato minore, idoneo a garantire il pagamento, seppure parziale, dei creditori.

Questa procedura può essere presentata anche da un creditore in pendenza di procedure esecutive individuali. Tuttavia non si fa luogo all’apertura della liquidazione controllata, su richiesta del creditore, se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria è inferiore ad € 50.000,00.

Il ricorso a tale procedura comporta che il debitore metta a disposizione dei creditori tutti i suoi beni mobili, mobili registrati ed immobili(ad eccezione dei beni impignorabili, i crediti alimentari e di mantenimento, gli stipendi e le pensioni nei limiti di quanto occorre per il mantenimento del debitore e della sua famiglia) che verranno amministrati dal liquidatore.

Il ricavato dei beni “liquidati” verrà distribuito ai creditori, i quali vedranno soddisfatto il proprio credito nei limiti del valore di vendita dei beni e nel rispetto dei diritti di prelazione di ciascuno di essi.

Perché la liquidazione controllata è più conveniente rispetto ad una procedura esecutiva?

A differenza di una vendita dei beni in sede esecutiva, il debitore all’esito della liquidazione e comunque dopo tre anni dall’apertura della procedura anche se non ancora chiusa ottiene l’esdebitazione.

L’esdebitazione, ai sensi dell’art. 278, infatti, consiste nella liberazione dai debiti e comporta l’inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti nell’ambito di una procedura di liquidazione giudiziale o controllata.

Pensiamo all’ipotesi di un socio di società di capitali, gravato da debiti per fideiussioni prestate a favore della società per la somma complessiva di euro 500.000,00 ed escusse a fronte della situazione di insolvenza nella quale si viene successivamente a trovare la società.

Nel caso in cui gli istituti bancari intraprendano una procedura di esecuzione immobiliare sull’abitazione del socio di valore inferiore al debito (esempio €.  170.000,00), i creditori potranno azionare ulteriori procedure esecutive per la somma rimasta insoddisfatta (€ 330.000,00 o, verosimilmente, superiore considerando che la vendita all’asta del bene determina un ribasso rispetto al valore di mercato).

Al contrario, la vendita in sede di proposta di liquidazione, da un lato può potenzialmente comportare un ricavato maggiore, e ciò perché il legislatore ha disposto che la vendita avvenga con forme “competitive”, pertanto con una possibilità di maggior soddisfazione per i creditori dall’altro perché, ottenuto il prezzo di liquidazione, questa sarà la somma sulla quale i creditori vedranno soddisfatto il loro credito. Se questa soddisfazione sarà comunque parziale, questi, per il credito residuale, non potranno mai più agire nei confronti del debitore.

Pertanto, seppure è innegabile la gravosità di questa forma di proposta, la stessa deve essere valutata dal debitore in una prospettiva comparativa ai benefici che, all’esito, la liquidazione comporta, ovvero sia, come già evidenziato, l’effetto esdebitatorio

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