Nel dibattito sempre più acceso su energia e sostenibilità, nel lustro dove le parole crediti e compensazioni sembrano aver sostituito la pianificazione finanziaria, capita spesso di imbattersi in sigle e strumenti regolatori che sfuggono ai non addetti ai lavori. Tra questi, ve n’è uno che merita attenzione, soprattutto da parte di imprese e realtà produttive: i Titoli di Efficienza Energetica (TTE), noti anche come certificati bianchi.
Il principio che regge i Titoli di Efficienza Energetica è tanto semplice quanto efficace: se un’azienda riesce a ridurre in modo dimostrabile i propri consumi energetici, ha diritto a ottenere un titolo che ne attesta il risparmio. Questo titolo può poi essere ceduto a soggetti terzi – obbligati per legge a compensare i propri consumi – generando un ritorno economico.
Non parliamo di un incentivo generico, ma di un sistema vero e proprio, con regole, mercato e operatori specializzati. Ogni certificato corrisponde a una tonnellata equivalente di petrolio risparmiata. Questo risparmio, una volta validato, diventa un asset. I soggetti obbligati – ad esempio i grandi distributori di energia – devono acquistare un certo numero di questi titoli ogni anno, per rientrare nei parametri normativi. Chi li produce, al contrario, ha tutto l’interesse a metterli sul mercato.
I TTE non sono prodotti solo da grandi aziende, ma anche realtà più agili, se in grado di intervenire efficacemente su impianti, processi o strutture energivore. In prima fila troviamo le ESCO (Energy Service Company), ovvero società specializzate che progettano e realizzano interventi per conto dei clienti e si occupano anche della gestione dell’intero iter tecnico e documentale.
Il punto chiave sta proprio qui: non basta “fare risparmio” per ottenere Titoli di Efficienza Energetica. Serve un progetto dettagliato, dati che dimostrino il miglioramento, una presentazione conforme ai requisiti tecnici fissati dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici). Se tutto è in ordine, il progetto viene validato e vengono riconosciuti i TEE, che possono essere venduti attraverso il GME (Gestore dei Mercati Energetici) o tramite accordi diretti tra operatori.
Va da sé che questo percorso, per quanto promettente, non è immediato. La normativa cambia spesso, i criteri sono stringenti, e l’iter di validazione richiede competenze specifiche. Per questo motivo, molte aziende scelgono di farsi affiancare da consulenti esperti – sia tecnici, sia legali – capaci di guidarle passo dopo passo. Una consulenza competente consente non solo di evitare errori che potrebbero compromettere il riconoscimento dei titoli,
ma anche di strutturare al meglio i contratti con i soggetti terzi, tutelando tutti gli aspetti economici e giuridici.
In particolare, quando l’intervento viene realizzato da una ESCO tramite un contratto a prestazione energetica (EPC), la questione si fa ancora più delicata. In questi casi, i titoli di efficienza energetica possono rappresentare una delle fonti principali di remunerazione per chi esegue i lavori. Per il cliente, invece, diventano una leva per finanziare interventi altrimenti onerosi. È evidente, quindi, come l’assistenza legale nella redazione di questi accordi sia tutt’altro che accessoria.
In definitiva, i TEE rappresentano uno strumento che merita attenzione. Per le aziende che investono in efficienza, possono tradursi in un vantaggio competitivo concreto. Ma, come spesso accade nei meccanismi di incentivo pubblico, il valore si coglie pienamente solo se si opera con metodo, visione e il supporto delle competenze giuste.
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