Il buono pasto è uno strumento di pagamento alternativo al pagamento in contanti o con carta, attraverso il quale è possibile acquistare pasti o prodotti alimentari di importo eguale o inferiore a quello del buono emesso.
Sono acquistati direttamente dal datore di lavoro presso società specializzate del settore, che emettono i predetti buoni, o ticket, assegnando agli stessi un valore determinato in base alla richiesta dell’acquirente.
La decisione di utilizzare tale modalità di pagamento, si rivela estremamente vantaggiosa per l’impresa, ma anche per il dipendente destinatario del buono, nonché per la società emittente e il destinatario finale, ovvero il ristoratore. Ciò sotto svariati profili:
questi buoni sono completamente deducibili rispetto a IRAP e IRES, nonché del tutto esenti da Irpef. Dal punto di vista contributivo, invece, tutti i buoni sono soggetti a contributi INPS per un valore massimo di €. 5,29 giornalieri e sono integralmente detraibili rispetto all’IVA;
l’utilizzo di buoni pasto consente al datore di lavoro di dotarsi, di fatto, di un servizio mensa da offrire al proprio personale senza dover sopportare i costi per la realizzazione di una struttura adibita a tal scopo;
considerato che il buono pasto non costituisce un elemento di reddito del dipendente, esso rappresenta un vero e proprio strumento in grado di aumentare il potere d’acquisto del suo utilizzatore, che può “spenderlo” senza sopportare alcun costo;
è evidente che l’incremento di circolazione di buoni pasto costituisce un indubbio vantaggio anche per il destinatario finale, ovvero il ristoratore o comunque esercizio commerciale presso cui il dipendente abbia deciso di utilizzarlo, consentendo la creazione di una stabile clientela.
I buoni pasto sono destinati a tutti i lavoratori del settore pubblico o privato, che ne possono usufruire nelle ore di pausa pranzo per l’acquisto di generi alimentari.
Tutti i lavoratori hanno diritto ai buoni pasto, anche i lavoratori part-time. Questo sia nel caso in cui durante la fascia oraria dedicata alla pausa pranzo il lavoratore sia impegnato nelle proprie mansioni, sia nel caso in cui il lavoratore abbia terminato la propria attività.
La Cassazione cosa ne pensa?
Una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, n. 22702/2014, ha sancito le condizioni in presenza delle quali i lavoratori part-time possono usufruire di tali forme di pagamento.
Tali condizioni sono:
È opportuno evidenziare, poi, che nell’ipotesi in cui la mensa o un servizio di somministrazione diretta non siano presenti in azienda, e manchino servizi di ristorazione nelle vicinanze del luogo di lavoro, risultando di fatto il buono pasto inutilizzabile, il datore di lavoro debba corrispondere al dipendente l’indennità sostitutiva di mensa: si tratta di un reddito esente sino ad €. 5,29 al giorno.
Non dimentichiamoci della categoria dei liberi professionisti, lavoratori autonomi ricompresi tra i destinatari dei benefici dei buoni pasto.
Anche per questa categoria di lavoratori lo strumento del buono pasto appare particolarmente vantaggioso. Il costo dei buoni acquistati può infatti essere portato in detrazione dai redditi fino al 75%, così come per le ordinarie spese di vitto. Tale detrazione è ammessa fino ad un importo del 2% del fatturato.
In conclusione, dalle osservazioni svolte, sono evidenti le potenzialità di tali strumenti, che, considerati i molteplici vantaggi, sono destinati ad un utilizzo sempre più diffuso.
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