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Data Aggiornamento: Settembre 2021

Concessione abusiva del credito e responsabilità della Banca

Con l’ordinanza n. 18610 del 30 giugno 2021, la Corte di Cassazione ha sancito che la Banca deve risarcire il danno in caso di aggravamento del dissesto favorito dalla continuazione dell’attività d’impresa attraverso concessione di credito.

Il ragionamento della Corte si basa sulla considerazione che l’erogazione del credito può definirsi “abusiva”, in quanto effettuata, con dolo o colpa, ad un’impresa che versa in una situazione di difficoltà economico-finanziaria ed in mancanza di concrete prospettive di superamento della crisi.

Tale condotta integra un illecito del soggetto finanziatore (Banca), per essere venuto meno ai suoi doveri primari di una prudente gestione e, conseguentemente, obbliga la Banca al risarcimento del danno, ove ne discenda l’aggravamento del dissesto favorito dalla continuazione dell’attività d’impresa.

La condotta di “abusivo ricorso al credito” e di “concessione abusiva del credito”.

La fattispecie di “abusivo ricorso al credito” era già disciplinata all’art. 218 L.F. che sanziona gli amministratori, i direttori generali, i liquidatori e gli imprenditori esercenti un’attività commerciale quando ricorrono o continuano a ricorrere al credito, dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza.

Il contenuto di tale norma si rinviene altresì nel disposto dell’art. 325 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

La Cassazione, sulla scorta di quanto sopra, con la citata ordinanza, fornisce una chiara definizione della diversa figura della “concessione abusiva di credito”.

Con tale denominazione, dunque, si indica l’agire del finanziatore (Banca) che conceda, o continui a concedere incautamente, un credito in favore dell’imprenditore che versi in stato di insolvenza o comunque di crisi conclamata.

Nell’integrazione della fattispecie, risulta fondamentale il riferimento alla regola generale prevista dall’art. 1176 c.c. ossia la regola della diligente esecuzione della prestazione professionale, conformemente alla disciplina primaria e secondaria di settore, che incombe sugli operatori qualificati.

È infatti pacifico che la Banca si sia un operatore professionale qualificato con conseguente obbligo a suo carico di dotarsi ex ante di metodi, procedure e competenze necessarie alla verifica del merito creditizio.

La Corte, richiamando gli obblighi di diligenza specifici che incombono sulle Banche, evidenzia che l’attività di concessione del credito non costituisce un mero “affare privato” tra le parti del contratto di finanziamento “in ragione delle possibili conseguenze negative dell’inadempimento che possono riverberarsi non solo nella sfera dell’istituto di credito contraente, in quanto possono coinvolgere oltre al soggetto finanziato anche un numero indefinito di soggetti entrati in affari con quest’ultimo”.

La responsabilità in capo alla Banca, qualora abusiva finanziatrice, può sussistere in concorso con quella degli organi sociali di cui all’art. 146 della Legge Fallimentare, in via di solidarietà passiva ai sensi dell’art. 2055 cod. civ., senza che, peraltro, sia necessario l’esercizio congiunto delle azioni verso gli organi sociali e verso il finanziatore, trattandosi di mero litisconsorzio facoltativo.

La natura della responsabilità della Banca

La responsabilità della Banca verso il fallito è a titolo precontrattuale ex art. 1337 c.c., in quanto la Banca, in violazione delle regole e dei principi della sana e prudente gestione, ha effettuato erogazioni in favore di un soggetto immeritevole di credito.

La Banca, dunque, dolosamente o colpevolmente, ha disatteso gli obblighi che incombono sul prudente ed accorto operatore professionale ed ha concesso il credito in favore di un soggetto destinato, in caso contrario, ad uscire dal mercato, effettuando dunque una contrattazione che non avrebbe dovuto intraprendere.

La responsabilità della Banca è invece di natura contrattuale ex art. 1218 c.c. quando venga imputata alla Banca la prosecuzione di un finanziamento in corso.

In tali ipotesi, infatti, la Banca, mantenendo arbitrariamente e senza giustificazione una linea di credito che avrebbe dovuto essere sospesa o revocata per l’inidoneità dell’imprenditore a continuare ad essere assistito, ha violato gli obblighi che governavano i contratti di credito in corso.

Per i Giudici di legittimità, in entrambi i casi, si tratta di responsabilità da inadempimento di un’obbligazione preesistente sia nel caso in cui la condotta abusiva pregiudizievole si esprima nella violazione di obblighi specifici, sia nel caso in cui si realizzi nella violazione del generale obbligo di buona fede ai sensi dell’art. 1375 c.c.

Invece, nei confronti, dei creditori, la responsabilità della Banca si configura come responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., se del caso anche in concorso con quella degli organi sociali.

L’onere della prova spetta al Curatore che deve provare:

  1. la violazione da parte della Banca delle regole che disciplinano l’attività Bancaria, caratterizzata da dolo o colpa (intesa come imprudenza, negligenza, violazione di leggi, regolamenti, ordini o discipline);
  2. il danno – evento, dato dalla prosecuzione dell’attività d’impresa in perdita;
  3. il danno – conseguenza, rappresentato dall’aumento del dissesto;
  4. il rapporto di causalità tra i danni e la condotta tenuta dalla Banca.

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