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Data Aggiornamento: Agosto 2021

Il patto marciano

L’articolo 48 bis del Testo Unico Bancario (d.lgs. 385/1993), introdotto con l’articolo 2 del decreto legge 59/2016, ha riconosciuto alle banche e agli istituti autorizzati, la possibilità di garantire un contratto di finanziamento con il trasferimento della proprietà di un’immobile del debitore, in caso di inadempimento di quest’ultimo protratto per più di nove mesi, purché sull’immobile sia svolta una perizia valutativa.

Tale norma presenta evidenti punti di contattato con l’istituto del patto marciano, la cui esistenza e liceità sono sempre state sostenute dalla giurisprudenza e dalla dottrina, per quanto esso non abbai mai avuto, sino a tale momento, un formale riconoscimento nel nostro ordinamento. Il ruolo che esso ha sempre rivestito è quello di “antagonista” rispetto al patto commissorio, notoriamente vietato dal legislatore.

Il patto marciano è definito come il patto che conferisce al creditore il diritto di soddisfarsi, in caso di inadempimento, su un determinato bene del debitore o di un terzo secondo giusta stima successiva alla scadenza del debito. Da tale definizione si evincono le affinità e le differenze tra patto marciano e patto commissorio. Entrambi sono alienazioni in garanzia, cioè volte a garantire un credito e rafforzare la posizione del creditore, tuttavia è riconosciuta la liceità del patto marciano poiché solo nella struttura dello stesso è insito il vantaggio dell’accordo per il debitore; questo potrebbe sussistere anche nel patto commissorio, tuttavia, essendo esso solo eventuale non è in grado, in ogni caso, di rendere quest’ultimo lecito.

Tale vantaggio, tipico del patto marciano, è garantito dalla valutazione del bene oggetto del trasferimento, che viene effettuata da parte di un soggetto terzo, successivamente all’inadempimento. Di conseguenza, attraverso il patto in questione è possibile scongiurare il realizzarsi delle conseguenze vietate dal legislatore e proprie del patto commissorio, cioè un’indebita locupletazione a danno del debitore derivante dall’assenza di un qualsiasi controllo sulla proporzione tra valore del bene e prezzo della compravendita. Tale sproporzione è generalmente accettata dal debitore in conseguenza del suo stato di bisogno e, in caso di inadempimento dello stesso, consente al creditore di incamerare ingiustamente tale eccedenza. Pertanto, in virtù del patto marciano, il creditore che intenda acquistare il bene oggetto del patto dovrà in primis procedere a far stimare lo stesso da un soggetto terzo e, nel caso in cui il valore del bene superi l’ammontare complessivo dovuto dal debitore, procedere al pagamento dell’importo eccedente l’entità del credito.

E’ quindi possibile affermare che la stima del bene oggetto del trasferimento, la quale rispetti i canoni di obiettività e imparzialità, ricopre un ruolo centrale nel delineare i confini tra patto commissorio e marciano, permettendo così di stabile la liceità o meno dell’alienazione in garanzia.

In conclusione, alla luce della coincidenza tra la disciplina generale del patto marciano e quella prevista dall’articolo 48 bis del d.lgs. 385/1993, è possibile affermare che quest’ultima disposizione ha regolamentato l’istituto del patto marciano.

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