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Data Aggiornamento: Febbraio 2022

Ipotesi di nullità dei contratti di mutuo per superamento del limite di finanziabilità ex art. 38 T.U.B. e per difetto di causa

I contenziosi giudiziari tra i correntisti e gli Istituti Bancari hanno affollato le aule dei Tribunali.

Sovente le banche azionano titoli esecutivi poi rivelatisi nulli, con conseguente dichiarazione di inammissibilità dell’azione esecutiva per difetto di una condizione dell’azione.

Tra le ipotesi più frequenti si segnalano le procedure esecutive azionate in forza di contratti di mutuo che superano il limite di finanziabilità ex art. 38, secondo comma T.U.B..

Nullità del contratto di mutuo per superamento del limite di finanziabilità ex art. 38T.U.B.

L’art. 38, secondo comma, T.U.B. stabilisce che: “la Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”.

In applicazione di quanto previsto, è intervenuto il CICR con delibera del 22 aprile 1995 che, all’art. 1, prevede: “l’ammontare massimo dei finanziamenti di credito fondiario è pari all’80 per cento del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi. (…) Tale percentuale può essere elevata fino al 100 per cento, qualora vengano prestate garanzie integrative, rappresentate da fideiussioni bancarie e assicurative, polizze di compagnie di assicurazione, cessioni di annualità o contributi a carico dello Stato o di enti pubblici, fondi di garanzia e da altre idonee garanzie, secondo i criteri previsti dalla Banca d‘Italia”.

Il superamento di tale limite di finanziabilità, determina la nullità del contratto stesso (cfr. Corte di Cassazione nr.16776 del 14/6/21) atteso che “il suo mancato rispetto ne determina la nullità ……. e costituisce un limite inderogabile all’autonomia privata in ragione della natura pubblica dell’interesse tutelato, volto a regolare il quantum della prestazione creditizia al fine di favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare e agevolare e sostenere l’attività di impresa”.

Il combinato disposto dell’art. 38, comma secondo, T.U.B. e dall’art. 1, delibera CICR 22 aprile 1995 ha carattere imperativo e, pertanto, la sua violazione ha come effetto la nullità del contratto ex art. 1418, comma primo, cod. civ. che comporta conseguentemente, l’inidoneità e l’incapacità del contratto di produrre il proprio effetto, compresa la costituzione di un’ipoteca valida, con conseguente inammissibilità dell’intrapresa azione esecutiva per difetto di una condizione dell’azione e mancanza di un titolo idoneo a fondare l’esecuzione forzata.

La nullità del contratto di mutuo destinato a coprire una pregressa situazione debitoria

Spesso gli Istituti Bancari agiscono in giudizio sulla base di un contratto di mutuo nullo in quanto mascherante un atto destinato a consentire al correntista di estinguere un debito precedente.

Con la sentenza n. 1517 del 25 gennaio 2021, la Cassazione ha affermato che il finanziamento della banca destinato ad estinguere una pregressa esposizione debitoria in capo al proprio debitore non ha i requisiti sufficienti per essere qualificata “mutuo”.

Nella specie, il “ricavato” del mutuo era stato utilizzato dal mutuatario, in accordo con la banca mutuante, allo scopo specifico e programmatico di estinguere una pregressa esposizione debitoria chirografaria della società ancora in bonis, mediante un accredito in conto corrente.

Sul punto già si era pronunciata la giurisprudenza statuendo che “tra il contratto di mutuo stipulato per ripianare il saldo debitore di un conto corrente e il contratto di conto corrente medesimo vi è un «collegamento negoziale» che li rende interdipendenti. Laddove il saldo debitore del conto corrente derivi dall’applicazione di clausole nulle o da addebiti illegittimi, pertanto, tali vizi vengono a ripercuotersi anche sul contratto di mutuo. Ne deriva che, essendo il mutuo finalizzato a ripianare un passivo in realtà inesistente ed apparente (risultante dall’illegittima applicazione di clausole contrattuali nulle ovvero di oneri non pattuiti), lo stesso è nullo per mancanza di causa concreta: nulla deve essere restituito, in forza di detto contratto, dal correntista alla Banca (cfr. Corte di Appello di Torino, 15 giugno 2015, conformi Corte d’Appello Bologna del 27 febbraio 1976; Trib. Arezzo, ord. 5 marzo 2016; Trib. Brindisi, 04.12.2006; Trib. Taranto, sez. II, 14.03.2014, n. 789; Trib. Latina –Terracina, Sent. 11 agosto 2008; Trib. Cagliari, 26 febbraio 1990).

La tutela del correntista nell’ipotesi di procedure esecutive fondate su titoli nulli.

Il correntista può opporsi alle procedure esecutiva ex art. 615 c.p.c. e 617 c.p.c. chiedendo in prima istanza la immediata sospensione dell’esecuzione.

Si può infatti eccepire la sussistenza del requisito del fumus boni juris, attesa l’inesistenza di un valido e legittimo titolo su cui fondare l’esecuzione.

Ancora è indubbia la sussistenza del periculum in mora, che è in re ipsa, ossia sussiste per il semplice fatto che, nei confronti del correntista venga azionata una procedura esecutiva immobiliare, fondata su un titolo esecutivo nullo e illegittimo.

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