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Data Aggiornamento: Marzo 2023

Vendita dell’immobile concesso in locazione commerciale e diritto di prelazione

Uno dei fenomeni più frequenti in tema di locazioni commerciali concerne l’insorgere di contestazioni tra conduttore e locatore nell’ipotesi di vendita del bene concesso in locazione.

Trattandosi di un fenomeno diffuso, è importante evidenziare le tutele che la legge pone in favore del conduttore.

La disciplina legislativa dei contratti di locazione commerciale si rinviene principalmente nella Legge 392/78 (c.d. legge “equo canone”).

Tale normativa prevede una tutela diversa dei conduttori a seconda delle attività dalle stesse poste in essere nel locale di cui sono conduttori, elaborando la fondamentale distinzione tra le attività che comportano un contatto diretto con il pubblico o meno. La disciplina è differente per le due ipotesi.

Ove nell’immobile siano condotte attività che comportano il contatto diretto con il pubblico, a fronte della determinazione del proprietario di alienare l’immobile, la legge tutela il conduttore attraverso l’istituto del diritto di prelazione e del diritto di riscatto (articoli 38 e 39 Legge equo canone).

IL DIRITTO DI PRELAZIONE

Il proprietario dell’immobile, qualora voglia mettere in vendita l’immobile concesso in locazione, è tenuto a preferire, a parità di condizioni, il conduttore rispetto ai terzi nella conclusione del contratto di compravendita. Tale disposizione, invece, non opera nel caso di permuta. Infatti, l’art. 38 della L. n. 392/1978, dopo aver premesso al primo comma che il diritto di prelazione può essere esercitato nell’ipotesi di trasferimento a titolo oneroso dell’immobile locato, al secondo comma – nel prescrivere le formalità necessarie per il valido esercizio del diritto -, si riferisce esclusivamente alla compravendita, come ribadito nel successivo quarto comma, ove si parla diversamente del prezzo di acquisto. Ne consegue che l’istituto della prelazione, e quello succedaneo del riscatto, costituendo limitazioni delle facoltà del proprietario, per cui non sono consentite interpretazioni analogiche od estensive, trovano applicazione nella sola ipotesi di vendita dell’immobile locato e non possono estendersi analogicamente alla diversa ipotesi della “permuta”, per cui manca anche la possibilità di offerta di “condizioni uguali a quelle comunicategli”, da parte del conduttore.

Quindi, il locatore ha l’onere di comunicare le sue intenzioni al conduttore, indicando il corrispettivo in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l’invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione.

La comunicazione prevista dall’art. 38 deve essere notificata a mezzo ufficiale giudiziario.

Il conduttore potrà avvalersi di tale facoltà nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, mediante avviso al locatore.

Nel caso in cui l’immobile sia locato a più conduttori, il proprietario deve effettuare la notificazione a ciascuno di essi. I conduttori possono esercitare congiuntamente la prelazione (art. 38 c. 5) o, se qualcuno rinuncia, il diritto permane in capo ai rimanenti.

Il conduttore che non abbia comunicato agli altri conduttori la volontà di avvalersi del diritto di prelazione si considera aver rinunciato (art. 38 c. 6).

In caso affermativo, il conduttore quindi deve dunque comunicare la sua decisione tramite ufficiale giudiziario (art. 38,comma 3). Deve poi versare al venditore il prezzo entro il termine di novanta giorni dal ricevimento della prima comunicazione (quella con la quale il locatore aveva comunicato al conduttore la volontà di vendere).

Successivamente dovrà versare il prezzo di acquisto, con contestuale stipulazione del contratto di compravendita o del contratto preliminare.

Qualora, invece, il proprietario ometta di adempiere a quanto sopra, il conduttore potrà riscattare l’immobile dall’acquirente e da ogni altro successivo avente causa (art. 39 Legge n. 392/1978). In tale ipotesi, dovrà introdurre un relativo giudizio e, con atto di citazione, dovrà formulare la richiesta di riscatto direttamente nei confronti dell’ultimo compratore; dopodiché è tenuto a corrispondere il prezzo risultante dal contratto di compravendita tra il proprietario e il terzo entro 3 mesi che decorrono dalla prima udienza (in caso di mancata opposizione dell’acquirente) ovvero dal passaggio in giudicato della sentenza in caso di opposizione.

ATTIVITÀ CHE NON COMPORTANO CONTATTO DIRETTO CON IL PUBBLICO

Nel caso in cui il conduttore dell’immobile non eserciti attività che comportano rapporti diretti con la clientela, l’articolo 41 coma 2 della legge equo canone esclude l’applicabilità degli articoli 38 e 39 della citata legge. (cfr. Cass. Civ. 12697/2015, Cass. Civ 9583/2012, Cass. Civ 1363/2009).

In tali fattispecie, il proprietario dell’immobile non sarà tenuto a privilegiare il conduttore nella conclusione della compravendita, ma potrà scegliere liberamente la propria controparte contrattuale.

L’acquirente subentrerà nel contratto quale locatore, alle condizioni concordate dalle parti originarie e il conduttore potrà continuare a rimanere nei locali fino alla naturale scadenza dell’accordo.

La stesura di un contratto di locazione è uno di quei casi in cui la consulenza di un professionista può realmente fare la differenza. Definire in un contratto commerciale la possibilità di esercitare o meno un’attività a diretto contatto con il pubblico può fare la differenza. Lo stesso concetto vale nel momento in cui si acquista o vende un immobile. Sono attimi in cui investire in una consulenza può far risparmiare in spese legali e malumori futuri.

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