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Data Aggiornamento: Agosto 2021

Sommatoria di interessi: questione di scelte!

La giurisprudenza, ormai maggioritaria insegna come in materia di mutuo, l’osservanza del rispetto del tasso-soglia debba essere verificata sia in relazione agli interessi moratori, sia in relazione agli interessi corrispettivi, stante il chiaro disposto dell’art. 1, D.L. n. 394 del 2000, in virtù del quale rientrano nella nozione di interessi usurari quelli convenuti a qualsiasi titolo.

Tuttavia, il controllo circa rispetto del tasso soglia deve essere operato distintamente per ciascuna categoria d’interesse. Infatti la giurisprudenza maggioritaria parrebbe non condividere il metodo di verifica fondato sulla sommatoria tra il tasso di interesse corrispettivo e quello dell’interesse moratorio.

L’applicazione degli interessi moratori è, secondo la Suprema Corte, meramente eventuale e mentre l’interesse corrispettivo si applica sul capitale del finanziamento ancora da restituire, quello di mora si applica solo sulla rata non pagata, comprensiva di quota di finanziamento e degli interessi, di talché vi è eterogeneità della base di calcolo di riferimento.

Il ritardo nel pagamento di una o più rate, che determina l’applicazione dell’interesse moratorio, non necessariamente conduce all’applicazione di un tasso di interesse complessivo (corrispettivo + moratorio) che unitariamente considerato, possa superare il tasso soglia al momento della verifica econometrica.

La prassi corrente richiede una verifica mirata ad accertare se alla luce dell’applicazione di interessi moratori, il conteggio di questi ultimi sulla rata non pagata sommato a quello degli interessi corrispettivi dovuti nello stesso periodo, dia a meno luogo ad un importo complessivo di interessi che, rapportato alla quota di capitale residuo, rappresenti una percentuale superiore al tasso soglia stabilito per il trimestre di riferimento.

In altre parole la Giurisprudenza maggioritaria tende a considerare l’interesse moratorio solo quando “applicato in concreto”, ovvero quando il consumatore non paga la rata entro la scadenza.

Innanzi a tale principio, ci chiediamo: quando l’interesse moratorio non è applicato in concreto!?

A ben vedere, consci di esprimere un punto di vista in contrasto con gran parte della dottrina, oltre che della giurisprudenza, vogliamo considerare l’interesse moratorio alla stregua del prezzo di un diritto di opzione che il consumatore paga quando salda la rata in ritardo.

Orbene, pochi si sono interrogati circa l’eventualità in cui il consumatore saldi la rata in anticipo! In tal caso, nella maggior parte dei contratti di mutuo ipotecario non sono previsti sconti di sull’interesse corrispettivo, se non in caso di estinzione anticipata.

La minaccia dell’applicazione della mora incombe sul mutuatario in ogni momento del rapporto, a prescindere dal momento in cui adempie la singola rata. Ogni mese egli deve decidere se destinare le proprie risorse limitate al saldo della rata o ad altro. L’interesse moratorio esercita un ruolo fondamentale nella scelta.

Per tale ragione riteniamo che l’interesse moratorio sia sempre applicato in concreto, perché incide sulla scelta del mutuatario. Tale interesse rappresenta dunque un prezzo che deve necessariamente essere conteggiato tra i costi del mutuo e, soprattutto, deve essere conteggiato dal momento in cui è previsto e non successivamente, in via solo eventuale.

La questione può essere vista anche da un altro punto di vista. Il tasso moratorio è un mezzo di coercizione, dal punto di vista del consumatore, ma è anche un mezzo di assicurazione dal punto di vista del mutuante. Orbene, esso deve essere calcolato quale costo del mutuo alla stregua di tutti gli altri mezzi assicurativi imposti dalla Banca a tutela del credito.

Per tali motivi sosteniamo la sommatoria degli interessi moratori ai corrispettivi, come ad ogni altra voce di costo che contribuisca al superamento del tasso soglia.

Avv. Aurelio Salata

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